
Gioconda Belli,
Nel Paese delle donne,
Feltrinelli, 2011
Traduzione Tiziana Gibilisco
Orig. El Pais de las mujeres, © 2010
Nel piccolo paese caraibico di Faguas[1], una donna, Viviana Sanson, ha vinto le elezioni ed è diventata Presidente[2]. Il suo partito è il PIE. In spagnolo pie vuole dire “piede” e la bandiera del partito è un bellissimo piede femminile dalle unghie laccate di rosso, ma l’acronimo è Partido Izquierda Erotica, il che parla chiaro delle creative intenzioni delle donne che l’hanno fondato: sinistra erotica!
Che festa dell’anima è questo libro, amiche e compagne! Il più efficace antidepressivo che mi sia capitato di leggere, dalla prima all’ultima riga. A cominciare dalla protagonista: carismatica, impulsiva, una figura voluttuosa che le ha causato imbarazzo durante l’adolescenza, ma è diventata una risorsa quando si è affacciata alla politica. La pienezza materna, che secondo molti psicoanalisti è una nostalgia presente in ogni essere umano, è qui rappresentata da questa sorta di dea madre abbigliata come una rockettara, circondata da un piccolo gruppo di donne brave e coraggiose che anche loro vestono sexi e praticano il più rigoroso separatismo.
Il romanzo incomincia in medias res: Viviana è al culmine del suo successo, circondata dalla folla che l’adora, nel mezzo di un festeggiamento con fuochi d’artificio, quando un uomo con un cappello blu da baseball calato sulla fronte avanza tra la folla. Lo sparo dell’attentatore non la ucciderà, ma il coma profondo della presidente getterà il paese nello sconforto e nella confusione.
Gioconda Belli, che è da subito riuscita ad agganciare la nostra emozionata attenzione, affiderà al vagare comatoso della mente di Viviana tra i ricordi, la ricostruzione della vicenda che a Faguas ha portato le donne al potere.
Sono cinque le donne che hanno fondato il partito con un programma semplice: la ricerca della felicità guidata dallo stato attraverso numerose riforme, ispirate al modo in cui una madre di famiglia gestisce la sua casa. Pulizia, comprensione, solidarietà e finalmente assoluta parità di genere.
La gestione politica del paese a guida maschile è sempre stata così rapace e fallimentare che la sinistra erotica ha già ottenuto numerose simpatie. È a questo punto che una catastrofe naturale arriva nel pieno della campagna elettorale. Il fumo causato dall’eruzione del vulcano Mitre per tre drammatici giorni oscura la luce del sole su Faguas. Le donne del PIE fanno di tutto per alleviare le sofferenze delle famiglie più indifese, ma un risultato non previsto dell’eruzione è che il fumo inalato ha ridotto il livello maschile di testosterone.
Gli uomini hanno perso ogni combattività. L’effetto dura circa due anni, ma durante questi diventa possibile vincere clamorosamente le elezioni, modificare la Costituzione e organizzare un sistema che, come mai prima d’allora colloca gli uomini e le donne su un piano di parità. Viene attivato un ministero delle Libertà Incondizionate, il progetto pilota dei Votanti qualificati, viene imposta l’abolizione del linguaggio aggressivo con l’utilizzo di termini denigratori nei confronti della donna e offensivi della diversità sessuale, la riforma del sistema scolastico e l’istituzione di un indefinito numero di asili nido.
Il paese, affermava Viviana, aveva la stessa mentalità di una donna subordinata e sottomessa. Avevano fatto capire a molti uomini che non era una cattiva idea quella di occuparsi del paese come fosse una casa. A spiegarglielo bene, capivano tutti, e Viviana era un’eccellente comunicatrice. Gli uomini la rispettavano. Si era messa coraggiosamente in gioco in un paese spaventato, e l’audacia e il coraggio sono contagiosi come l’influenza. Lei aveva avuto il coraggio di credere che la realtà si può modificare perché in fondo è solo una costruzione come un’altra.
“Con grande sorpresa di tutti, lo sgombero dei maschi cominciò dopo un mese o due che il nuovo governo si fu insediato. Anche se questo provvedimento riguardava solo i dipendenti pubblici e ciascuno di loro ricevette un indennizzo corrispondente a sei mesi di salario a titolo di riconoscimento per il servizio prestato allo stato, lo shock fu enorme. Nei ministeri più maschi, come quello della Difesa e quello degli Interni, alcuni ufficiali tentarono una rivolta armata. Tuttavia la minaccia di ribellione fu presto soffocata. (…) Le donne poliziotto furono addestrate al karate grazie a un intervento di cooperazione del governo coreano e dotate di strani congegni che generano una scossa elettrica chiamati tasers, che arrivarono da Svezia, Finlandia, Germania e Usa. (…) I neodisoccupati andavano a casa con uno stipendio e la promessa di un nuovo impiego che sarebbe arrivato nel giro di qualche mese.”
In questo libro pieno di humor e di inventiva le cose accadono senza sosta, proprio come in uno spettacolo pirotecnico e io non voglio anticipare troppo per non privarvi della suspence, ma vi invito a tenere d’occhio un personaggio maschile: José de la Aritmética. Con la sua famiglia costituita da una moglie e cinque figlie, incarna uno stereotipo positivo: l’uomo di buon senso, simpatizzante delle donne. È un semplice venditore ambulante di granite ed è il primo a soccorrere Viviana subito dopo l’attentato. Nello sviluppo della storia diverrà protagonista delle indagini che condurranno a un finale emozionante.
E ora due parole sull’autrice: Gioconda Belli, nata a Managua in Nicaragua nel 1948, di origine italiana, anzi piemontese, dice di sé “Sono stata due donne e ho vissuto due vite. Una delle due donne voleva far tutto secondo i canoni classici della femminilità: sposarsi, fare figli, nutrirli, essere docile e compiacente. L’altra aspirava ai privilegi maschili: sentirsi indipendente, essere considerata per se stessa, avere una vita pubblica, la possibilità di muoversi, amanti.”
Il passo che segue è tratto dal sito enciclopediadelledonne.it :
“La lettura dei libri femministi di Germaine Greer, Betty Friedan, Simone de Beauvoir alimenta nuove idee, finché nel 1970, grazie a un collega di lavoro (il Poeta), che le apre nuovi orizzonti culturali e di cui diviene l’amante, incominciano i contatti con un militante sandinista e l’impegno politico. Gioconda inizia una doppia vita: in apparenza è ancora una perfetta signora borghese, ma, in realtà è un’adultera e una fiancheggiatrice del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale. Nel 1975 affida le sue figlie ai genitori perché costretta a rifugiarsi all’estero per evitare l’arresto. Gioconda racconterà di quegli anni nel suo primo romanzo, pubblicato nel 1988, La donna abitata, in cui leggenda e realtà si mescolano armonicamente attraverso la storia di due donne, vissute in epoche diverse, un’india che combatte contro i conquistadores e una donna moderna che vive sotto una feroce dittatura centroamericana, le cui vite si incontrano magicamente nell’amore e nella guerriglia. (…)
Il 20 luglio 1979, dopo la vittoria della rivoluzione sandinista, Gioconda può tornare finalmente a Managua e le viene affidata la direzione della televisione di stato.”
Potrebbe essere l’inizio di un periodo di tranquillità, ma crisi devastanti la attendono sul piano politico e su quello personale con una serie di amori molto passionali, ma sfortunati e traumatici.
Dalla metà degli anni Ottanta Gioconda Belli trova finalmente la serenità sentimentale sposando l’italo-americano Charlie Castaldi. Da allora vive in California a Santa Monica, continuando la sua attività di poeta e scrittrice, ma la tranquillità politica è ancora ben lontana: insieme ad altri intellettuali esprime la sua opposizione al regime di Daniel Ortega e nel 2023 un tribunale del Nicaragua la priva della cittadinanza in quanto “traditrice della patria”.
[1] L’autrice, con questo nome cita se stessa: Faguas è la città immaginaria del centro America in cui Gioconda Belli ha ambientato il suo romanzo più famoso, La donna abitata scritto nel 1988 e pubblicato in Italia nel 1995.
[2] Faccio notare in proposito che in tutto il libro verrà sempre definita “presidentessa”, il che sospetto sia da attribuirsi alla traduttrice e non credo che l’autrice l’avrebbe approvato. Perché la desinenza in “essa”? Presidente è il participio presente del verbo presiedere. È vero che la consuetudine ha prevalso in espressioni come studentessa e dottoressa, ma “presidentessa” ha nell’italiano qualcosa di svalutativo che secondo me andrebbe per sempre dimenticato.