L’autrice è nata in Marocco nel 1979, ma è cresciuta in Catalogna e le sue prime opere sono state scritte in catalano. Il suo romanzo L’últim patriarca (che nell’edizione italiana è intitolato La città degli amori infedeli) ha conseguito nel 2007 il premio Ramon Lull.
La scrittura come autocoscienza potrebbe essere la definizione più calzante di questo libro che con spietata lucidità esplora le vite di due giovani donne e la loro relazione.
Il lunedì che percorre tutta la narrazione è il giorno in cui si dà inizio alle diete, ai programmi di ginnastica, alla spedizione dei curricula, a tutti quei buoni propositi che nient’altro sono che tentativi di adattamento a un mondo che è comunque il mondo degli uomini, in cui le donne, nonostante tutta la spaventosa fatica, i digiuni, il jogging, lo studio, un posto non ce l’hanno. Perché? Il maschilismo, sì. Un ambiente soffocante che come il coro di una tragedia sorveglia e giudica le giovani donne. Le mille difficoltà economiche. La difficoltà di integrazione, anche se in misura minore. Tuttavia se sembra impossibile aderire al modello conservatore e fanatico dei padri (col tempo verrà adottato anche da mariti che inizialmente sembravano buoni compagni) dall’altro lato è irraggiungibile l’apparenza di emancipazione offerta dalle riviste femminili che le ragazze leggono avidamente e, con tanti sacrifici, cercano di imitare.
Frequentare l’università, acquisire profonde competenze culturali, sembrerebbe per la protagonista una via di riscatto, ma anche questa è apparenza. L’erudizione è lontana dalla vita. Ma è con la scrittura che lei troverà il modo di mettere ordine. Ecco il passo conclusivo del libro:
“Scrivere tutto qui ha alleviato la mia rabbia, la tristezza, la sensazione d’impotenza. Niente di ciò che racconto cambierà il passato, ma serve per far sapere ciò che accadde. La verità profonda della nostra storia era più semplice di quanto immaginassimo. Non aveva a che vedere con lo scontro tra culture o l’integrazione, né con il fatto di essere a cavallo tra due mondi e nemmeno con tutto ciò che ci preoccupava tanto. L’unica cosa che volevamo era essere amate. Amate così come eravamo, tutto qui. Senza doverci censurare, né adattare né sottomettere. Né coperte né fameliche, né perforate da mille aghi né impiastrate da mille creme, né infilate in vestiti stretti. Solo con i nostri corpi, che siamo noi, con i nostri caratteri, i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre ferite, quelle cicatrizzate e quelle ancora aperte. Nient’altro.”
Najat El Hachmi,
Lunedì ci ameranno,
SEM 2023