Il Láadan (letteralmente “la lingua della conoscenza percettiva”) è una lingua artificiale femminista creata nel 1982 da Suzette Haden Elgin (professora emerita di linguistica presso l’Università di San Diego-USA) e utilizzata nella trilogia fantascientifica composta da Native Tongue (1984), The Judas Rose (1987) e Earthsong (1994).
Il romanzo, tripartito, è ispirato alle idee elaborate dal movimento femminista dagli anni settanta in poi. Sono tre storie parallele intrecciate tra loro il cui svolgimento ha luogo all’interno di una società totalitaria, gerarchizzata e patriarcale evolutasi sulla base di due importanti eventi: la revoca di tutti i diritti civili alle donne con l’obbligo per ogni donna della tutela maschile di un maschio-guardiano; e l’affermarsi dell’esplorazione spaziale cui hanno fatto seguito relazioni diplomatiche e commerciali con civiltà extraterrestri.
In questo scenario le donne linguiste appartenenti al notabilato dominante ma, come tutte, soggette all’opprimente controllo maschile, si propongono di creare segretamente una nuova lingua, il Láadan, per cambiare i rapporti che i ruoli di genere determinano nella costruzione di una società patriarcale.
Il genere diventa il punto di intersezione tra il biologico il sociale e il simbolico perciò il linguaggio, visto attraverso questo filtro, assume un ruolo centrale perché definisce già all’interno della propria struttura quei ruoli che donne e uomini si troveranno poi a ricoprire “naturalmente” nella gerarchia del sociale. Nell’utopia negativa della Haden Elgin gli uomini, privi di scrupoli, usano il loro sapere linguistico per controllare il commercio e l’espansione galattica, le donne invece lo adoperano per costruire il Láadan, la lingua segreta che formerà la base di una società nuova. Codificando e assegnando nomi e descrizioni a percezioni femminili che esprimono l’esperienza e la soggettività delle donne, le linguiste creano così le fondamenta semantiche dell’idioma della rivoluzione, anzi la creazione stessa di una lingua femminile è già di per sé un atto di potere, di autoliberazione e di rinnovamento sociale. Alla lingua si ascrive quindi la capacità di cambiare gli ordini del sociale e del simbolico e contemporaneamente di rafforzare quell’identità femminile che con le lingue patriarcali veniva celata nell’indicibilità.
Nella classificazione delle lingue artificiali, la lingua Láadan si configura contemporaneamente sia come lingua filosofica (progettata cioè per scopi di sperimentazione filosofica e logica) sia come lingua artistica (progettata cioè per l’utilizzo all’interno di un’opera letteraria/artistica e abbinata a un mondo o a una cultura immaginaria). Come la maggior parte delle lingue filosofiche, Láadan si ispira all’ipotesi di Sapir-Whorf per verificare se il pensiero di una persona varia in base alla lingua con cui si esprime o se la lingua stessa è influenzata dal modo di pensare di chi la parla. In particolare Suzette Haden Elgin si prefigge di verificare se le lingue naturali occidentali siano state adattate meglio per esprimere i punti di vista maschili rispetto a quelli femminili. Secondo l’autrice infatti le lingue esistenti sono inadeguate a esprimere le percezioni e il sentire delle donne. Se è vero che la lingua è capace di orientare e indirizzare (come vuole la versione debole del relativismo di Sapir-Whorf) le percezioni della realtà e i valori simbolici di ogni società, attraverso un lavoro oculato sulla lingua si potrebbe riuscire a convogliare e orientare diversamente il rapporto percettivo che gli umani intessono con il reale così da modificare il sistema di valori della cultura cui appartengono. E questo è ciò che le donne linguiste cercano di fare attraverso la costruzione del Láadan.
La trilogia femminista della Haden Elgin si basa su due importanti premesse tra loro correlate e dichiarate dalla stessa autrice: la prima è che il linguaggio sia la nostra migliore e più potente risorsa per determinare cambiamenti sociali —e in questa corrispondenza la scrittrice, che è una francesista, ci rammenta l’utopia secentesca di Vairasse dove il re-linguista costruisce una lingua a posteriori capace al meglio di esprimere il pensiero e i sentimenti di chi la parla. E la seconda consiste nel fatto che la fantascienza, intesa come utopia della contemporaneità, sia anch’essa la risorsa più idonea per “testare”, nell’odierna epoca dello sperimentalismo, i cambiamenti sociali.
Sitografia: Wikipedia
Bibliografia: Caterina Marrone “Le lingue utopiche”